BEAUTY - il suo destino è il nostro.

Perché non possiamo più aspettare ad agire.


Potremmo spendere pagine e pagine per alzare il nostro urlo di dolore per Beauty e per tutte e tutti i Beauty vittime della Fortezza Europa. Sarebbe giusto e necessario.
Ma siamo arrivati ad un punto tale per cui indignazione e domande non bastano più.
E’ arrivato il tempo delle alternative e delle risposte.
Mi rivolgo a tutti gli esseri umani che non accettano di vedere la propria condizione umiliata da scelte politiche che ci costringono ad accettare conseguenze disumane.
Mi rivolgo a tutti coloro che vogliono reagire a questo ordine delle cose.
A chi sente vibrare la pelle e tremare il cuore quando pensa che noi stiamo accettando la morte di madri incinte, bambini, ragazzi e ragazze che stanno commettendo l’unico errore di volersi muovere e che spesso devono muoversi.



Dobbiamo avere la forza di immaginare e proporre un sistema diverso, che non abbia come inevitabile conseguenza l’umiliazione dell’umanità e la violazione delle vite e dei diritti.
Perché oggi il sistema “democratico” con cui la questione migratoria viene gestita prevede strutturalmente queste conseguenze.
I gendarmi francesi che hanno riportato indietro Beauty non verranno processati.
Hanno agito secondo un ordine operativo ben preciso.
Così come i militari e i funzionari italiani che gestiscono le operazioni sul confine libico non verranno processati. 
Nemmeno conosciamo i loro nomi.
Agiscono per far funzionare le cose come le istituzioni chiedono loro e come l’opinione pubblica accetta che funzionino.
Allora adesso spetta all’opinione pubblica costruire altre risposte.
Risposte che abbiamo il coraggio di non parlare di “diritti dei migranti”, perché tale definizione tematica costituisce un ghetto mediatico, che ci sta allontanando dal centro della questione.
Dobbiamo mettere al centro la nostra dignità comune, il coraggio di non rinunciare a principi di civiltà che continuiamo a ritenere fondamentali nelle nostre vite ( o siamo pronti ad essere detenuti o uccisi anche noi perché vogliamo viaggiare?).
Dobbiamo mettere al centro la giustizia sociale, quella che prevede che le ricchezze vanno distribuite verso chi ne ha bisogno, al di là delle proprie origini etniche, e che i privilegi e le furbizie fiscali non vanno invidiati, ma combattuti.
Dobbiamo mettere al centro i principi di solidarietà, che non significa essere caritatevoli con i poveri, ma distribuire fatiche e vantaggi, impegni e diritti in modo equo in diversi territori, senza proteggere luoghi di elite e schiacciare periferie a cui affidare tutti i pesi sociali.
Dobbiamo mettere al centro il diritto alla mobilità, alla scelta personale di raggiungere un luogo dove c’è qualcuno che ti aspetta o dove sai che c’è lavoro o dove hai voglia di studiare, facendo diventare questo diritto un perno di cambiamento dell’ordine delle cose, con il coraggio di farlo diventare principio capace di guidare scelte pragmatiche di gestione del fenomeno migratorio che riguarda le vite di tutti noi (alzi la mano chi fa parte di una famiglia dove tutti sono stati o sono “a casa sua”).
Dobbiamo insomma avere il coraggio insieme di studiare e avanzare proposte.
Partendo dai territori e puntando ad incidere a livello europeo.
Come? Con un partito nuovo? Nossignori, con un movimento di opinione, di azione e di pressione sociale.
Non un movimento per i migranti.
Un movimento per la dignità umana e la giustizia sociale di tutti noi.
Non dobbiamo aiutare i migranti, dobbiamo toglierci da questo imbuto maledetto che ci costringe ad accettare la morte di Destinity come conseguenza strutturale della nostra protezione. Nostra di chi? Quale protezione?

Il Forum Per cambiare l’ordine delle cose sta crescendo ed è ben altra cosa rispetto al mio film.
In dieci città si sono riunite decine di persone che hanno dato vita ai Forum Territoriali.
Ognuno ha eletto un rappresentante che fa parte del coordinamento nazionale insieme ai rappresentanti delle organizzazioni che hanno fatto nascere il Forum (MSF, Amnesty International, Naga, Banca Etica, ZaLab).
Il coordinamento nazionale si è messo in contatto con movimenti europei che hanno gli stessi scopi.
Stiamo costruendo una mobilitazione europea in questa direzione che da maggio a fine anno cercherà di far crescere idee e proposte. 

Molte persone che fanno parte di questo percorso sono operatori dell’accoglienza, educatori, assistenti legali, mediatori interculturali, perché agendo da anni su questo territorio conoscono bene la situazione e ne comprendono le tragiche dinamiche. Ma anche tanti cittadini semplici si stanno unendo al percorso.
Se abitate nelle città dove il Forum già esiste (Milano, Verona, Bolzano, Padova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Caserta, Potenza) prendete contatti e partecipate agli incontri che nelle prossime settimane prepareranno la mobilitazione europea.
Se nella vostra città il Forum non si è ancora formato potete farlo voi direttamente.
Scrivete a percambiarelordinedellecose@zalab.org e vi daremo le informazioni necessarie.

Invito anche le ONG, associazioni, organizzazioni sindacali, cooperative interessate al percorso di aderire. Ma non ci basta un’adesione formale, non raccogliamo firme on line, costruiamo azioni e percorsi off line, città per città verso il cuore d’Europa. Quindi vi chiedo o di nominare un vostro rappresentante che partecipa al coordinamento nazionale stabilmente (se siete un’associazione nazionale) o di prendere contatto con i Forum territoriali o di aiutarne la nascita se ancora non ci sono.

Non serve proiettare il mio film.
Qui si parla di tutt’altro.
Io continuerò a fare film, raccontare storie e fare domande scomode. E’ il mio lavoro e la mia passione.
Ma dopo anni di incontri, dibattiti, discussioni ora è arrivato il tempo dell’azione comune e della proposta.
Se no saremo sempre solo capaci di fare post di indignazione su Facebook ed è assolutamente inutile, perché su Facebook vincono le parole d’ordine e le parole d’ordine fanno vincere i signori della paura o ci costringono agli slogan umanitari, che non sono ciò che ora ci serve.

Proviamoci tutti insieme e subito, se la dignità umana ci sembra ancora un principio importante.

Andrea Segre