INCONTRO CON MINISTRO MINNITI - febbraio 2017

Roma, 16 Marzo 2018

Ecco qui finalmente qualche riga sull’incontro avuto con il Ministro Marco Minniti a fine febbraio.

Sono stato ricevuto nel suo studio personale alle ore 12.30 e sono uscito alle 14.45.
Siamo rimasti soli per tutto il tempo.
La sintesi delle sue posizioni che ha provato a spiegarmi con precisione è che per costruire vie regolari di migrazione e corridoi umanitari di fuga è prima necessario fermare i trafficanti e togliere alle tribù libiche il rischio di farsi coinvolgere dal business del traffico stesso.  Gli ho espresso la mia opinione, ossia che mi sembra difficile se non impossibile fermare davvero i trafficanti finché non ci saranno altre vie per migrare e viaggiare se non quelle illegali. 
Lui ha ribadito che quello sarà il passaggio successivo del suo programma, se avrà occasione di svilupparlo, ma che prima vanno individuati e arrestati i trafficanti. 
Io allora ho chiesto ...



... perché nel frattempo sia necessario a suo avviso che le persone fermate dalla Guardia Costiera Libica, formata e addestrata dall’Italia, finiscano in gran parte in centri di detenzione inumani dove spesso vengono rivenduti ai trafficanti. Lui mi ha spiegato che è un passaggio doloroso ma necessario che non ha potuto evitare sin dall’inizio, ma a cui ora stanno rispondendo permettendo a ONU, IOM e ONG di entrare nei centri e far uscire le persone, in grande parte (95% dei casi) attraverso rimpatri volontari nei paesi d’origine e in piccola parte con ricollocamenti umanitari. Mi ha informato che 6 dei circa 28 centri di accoglienza (il Ministro li definisce così, come sappiamo) sono stati praticamente svuotati. Ho espresso qualche dubbio sulla reale capacità e libertà di azione degli operatori internazionali nei campi, che dipendono dal controllo diretto di milizie detentrici del potere reale in Libia. Mi ha detto che il passaggio epocale di aver fatto accettare al Governo El Serraj di inserire nel Memorandum di Intenti del febbraio 2017 la disponibilità a missioni di controllo delle UN è qualcosa che nessun paese europeo immaginava possibile e che quanto le organizzazioni stanno facendo è comunque un concreto passaggio di cambiamento della Libia rispetto alla questione dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Ha anche ribadito che non è pensabile per ora far accettare dalla Libia l’introduzione della Convenzione di Ginevra, perché le autorità libiche ritengono che una tale apertura a richiedenti asilo genererebbe una pressione migratoria ancora maggiore per loro insostenibile. Ho chiesto se per questo sono state attivate le missioni militari in Niger. Mi ha detto che alleggerire la pressione da sud è fondamentale per togliere business al traffico libico, ma che nulla sarà davvero possibile finché l’Europa non darà inizio ad un vero piano di aiuto ai Paesi africani coinvolti dalle migrazioni, con investimenti ben più seri di quanti finora disposti, come invece ha fatto nel caso della Turchia. Ho espresso mia preoccupazione che questi fondi vadano a rafforzare poteri forti non proprio liberali e democratici nei Paesi coinvolti dalle politiche europee, che paiono finalizzate solo a contrastare le migrazioni. Mi ha detto che quei fondi se usati con cura possono creare sviluppo in luoghi dove altrimenti c'è solo crisi e dove altrimenti nascono solo traffici illegali. Infine per quanto riguarda l’accoglienza mi ha spiegato che per lui sarebbe necessario superare i sistemi di accoglienza straordinaria e rendere presente ovunque i progetti di accoglienza diffusa coordinati dallo SPRAR (Servizio Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati)


Questo quanto in sintesi abbiamo avuto modo di discutere.
Cosa ora succederà dipende ovviamente da quale sarà il nuovo Governo.
In ogni caso ribadisco alcune mie posizioni e opinioni che valgono qualunque esso sarà.
1. Non è accettabile che per fermare un traffico illegale di esseri umani si consideri come ineluttabile la riduzione in schiavitù di persone che cercano di scappare da quel traffico e che non avrebbero voluto utilizzarlo se avessero potuto viaggiare altrimenti.
2. Questo è ancora più inaccettabile se siamo noi a finanziare e addestrare chi ferma queste persone.
3. Non si può ritardare la costruzione di vie regolari e sicure di viaggio aspettando che il traffico sia sgominato; è la creazione di queste vie che aiuta a sgominare il traffico.
4. Per rendere possibile la costruzione di corridoi umanitari decenti e validi è necessario che l’accoglienza sia distribuita in modo solidale tra diverse regioni e zone: perché nei quartieri più ricchi delle città d’europa non c’è quasi mai nessun centro o casa di accoglienza? Perché si permette a decine di città o regioni di Italia e d’Europa di rifiutare l’accoglienza creando così luoghi di concentrazione e tensione sociale inaccettabile? Perché si spendono decine di miliardi in misure securitarie e ben meno in politiche di accoglienza e integrazione? Allora non è vero che i soldi non ci sono.

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