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ITALIA RESPINTA: giustizia, tristezza e speranza

Oggi è un giorno di grande giustizia, di profonda tristezza e di nuova speranza.
Il nostro Paese è stato dichiarato colpevole dalla Corte Europea di aver leso i diritti fondamentali di centinaia di esseri umani.
Per due anni a partire dal maggio 2009 l'Italia ha respinto verso l'inferno libico di Gheddafi circa 2000 migranti africani, di cui una gran parte aveva il diritto di chiedere ed ottenere asilo in Europa.


Una scelta politica e militare che non solo venne presentata dall'allora MInistro Maroni come una svolta decisiva nella strategia europea di contrasto all'immigrazione clandestina, ma che raccolse il consenso e il plauso della maggioranza degli italiani. Maroni, Berlusconi e i loro colleghi erano riusciti a convincere gli italiani che respingere gli immigrati impedendo loro di arrivare a Lempedusa fosse non solo necessario per salvare il nostro Paese da un'invasione biblica, ma anche legittimo e corretto al fine di contrastare le organizzazioni criminali che gestivano ed organizzavano i viaggi. La gran parte degli italiani furono persuasi da queste disumane e false demagogie e anche una fetta consistente dell'allora opposizione si schierò a favore dei respingimenti.
Per fortuna non tutti gli italiani: in centinaia parteciparono alla campagna IO NON RESPINGO che lanciammo come autori di COME UN UOMO SULLA TERRA insieme a FortressEurope (link) e decine di associazioni in tutta Italia. Una mobilitazione che accompagnò con forza e coraggio la denuncia contro l'Italia condotta alla Corte Europea per i Diritti Umani dagli Avvocati Lana e Saccucci per conto di 24 respinti eritrei e somali.
Sulla base di quella denuncia, oggi la Corte ha finalmente sancito l'inciviltà e la barbarie di quelle operazioni, che non solo hanno leso il diritto di asilo di migliaia di persone, ma hanno provocato violenze gravissime ai loro danni. I migranti venivano respinti utilizzando manette di plastica, manganelli elettrici, bastoni, minacce armate e, una volta consegnati alla polizia libica, venivano sottoposti a torture, deportazioni e detenzioni disumane.
Gli italiani, confusi e presi in giro dalle demagogie xenofobe della destra e dai pavidi silenzi di una parte importante della sinistra, sono arrivati ad accettare atti di violenza e barbaria nei confronti di donne, uomini e bambini non solo innocenti e indifesi, ma anche in fuga da guerre e discriminazioni.
E' stato senza dubbio uno dei punti più bassi di inciviltà del nostro Paese.
Rendercene conto provoca profonda tristezza, ma può anche aprire una nuova speranza.
La sentenza di oggi ci permette di assumere la responsabilità storica di quanto successo e avviare una stagione completamente nuova nelle politiche migratorie; dobbiamo avere il coraggio e la capacità di porre al centro il rispetto e la tutela degli esseri umani, in particolare quelli più deboli, un principio cardine della democrazia a cui spesso ci suggeriscono di abdicare.

Oggi festeggiamo questa sentenza, dedicandola a tutti coloro che respinti tra il 2009 e il 2010 non sono mai riusciti a raggiungere un Paese sicuro dove chiedere asilo politico: molti sono morti fuggendo dalla guerra in Libia e molti sono ancora bloccati nel campo profughi UNHCR di Shousha, al confine libico-tunisino. Tra di loro vi sono anche i protagonisti del nuovo documentario "Mare Chiuso" che ZaLab distribuirà a partire dal 15 marzo per dare finalmente voce agli uomini e le donne che hanno subito l'ingiustizia e la violenza dei respingimenti italiani.