Sabato 28 gennaio a Padova Assemblea regionale per un'accoglienza degna e diffusa
C'è un Veneto che di solito non conviene raccontare. Non conviene mediaticamente, né politicamente. Perché non attira, non produce né shock né rabbia. Produce invece senso e futuro. Questa settimana proveremo a raccontarlo. Perché c'è un'occasione per farlo, ma anche perché ne vale la pena.
C'è un Veneto che di solito non conviene raccontare. Non conviene mediaticamente, né politicamente. Perché non attira, non produce né shock né rabbia. Produce invece senso e futuro. Questa settimana proveremo a raccontarlo. Perché c'è un'occasione per farlo, ma anche perché ne vale la pena.
Alla fine della cerimonia per Sandrinesulle rive dell'Adige , sabato 15 gennaio, con i piedi freddi sul
fango degli argini e il naso rosso a guardare il tramonto oltre il
fiume, alcuni degli organizzatori si sono fermati a parlare. La cosa
che ha stupito di più di quella giornata è la varietà di
appartenenze e provenienze di chi ha voluto salutare Sandrine ed
esprimere rabbia per quanto ancora succede nella base militare di
Cona. C'erano molti mondi diversi, dall'associazionismo pacifista
alle parrocchie, dai centri sociali ai sindaci, deputati e
consiglieri di PD, Sinistra Italiana e non solo, dai sindacati di
base agli ospiti dei centri di accoglienza, dagli studenti
universitari ai cittadini di Cona, Rottanova e molti altri. Una
galassia multiforme riunita da una volontà comune molto chiara. Ma
anche una galassia che spesso rimane frammentata e divisa da confini
invisibili, difficili da capire e spiegare. Essere insieme lungo
l'Adige (così come nella fantastica manifestazione sul Montello domenica 22 gennaio) ha risvegliato la consapevolezza che se Cona esiste è anche
perché chi non la vorrebbe è incapace di unirsi, di far sentire la
propria voce, le proprie esperienze. Le parole d'ordine che hanno
reso possibile la scelta disumana di luoghi come Cona, Bagnoli o
Oderzo sono semplici e di grande impatto: “Non li vogliamo”
“Prima i Veneti” Non ghe xe schei neanca per nojaltri” e via
così, con barricate e fiaccolate. I sindaci si mettono in testa a
questi cortei o non li contrastano, i prefetti non sanno a chi
affidare i richiedenti asilo e nasce Cona. Molto chiaro. Ma se invece
vogliamo partire dalla consapevolezza che far stare 1500 persone in
un'ex base militare nel nulla significa produrre tensione e disagio
per tutti, come facciamo a costruire un percorso altro? Bisogna
provare a raccontare altro. A usare parole e storie capaci di
rispondere a quelle parole d'ordine così facili da sfruttare e
replicare. Parole che contengono solo la superficie delle cose, ma
che bene aderiscono alla rabbia di quella superficie. Spesso durante
i dibattiti alla fine dei miei film c'è qualcuno che con onestà mi
chiede “ ma allora come risolviamo questo problema?” Questo
problema non è un virus esterno che passa di qui. Questo problema è
la conseguenza di una cosa dentro alla quale la nostra vita è
immersa quotidianamente senza via di scampo: globalizzazione. Se noi
non vogliamo i profughi perché “prima i veneti”, allora dovremmo
per coerenza anche rinunciare a tutte i prodotti non veneti che
usiamo ogni giorno e che vengono da luoghi dove il costo dle lavoro è
infinitamente più basso. Impossibile. Rimarremmo nudi, senza
telefono, senza auto, senza riscaldamento e con un buon 40% di cibo
in meno. Così sta andando il mondo, ma le regole della comunicazione
e della politica dicono una cosa sola: non spiegare, produci effetto.
Quindi “no ai profughi, prima i veneti”.
Ma esiste una strada per liberarsi
dalla schiavitù alle regole mediatiche: raccontare e far incontrare
le pratiche diffuse che non solo propongono altro, ma anche lo stanno
già facendo. Queste storie svuotano di senso le parole d'ordine e
non urlano confusione e paura, ma raccontano sfide e futuro.
Per questo sabato 28 gennaio si terrà
a Padova l'Assemblea Regionale dell'accoglienza degna e diffusa,
dove queste sfide e queste storie si incontreranno e dove tutti
coloro che non vogliono accettare la schiavitù alle regole
mediatiche potranno conoscerle. E' una grande occasione di democrazia
e civiltà. Perché chiudere i luoghi disumani come Cona è una
conquista di tutti, un passo di civiltà verso un futuro migliore,
non fatto di odio e privilegi, di muri e rendite incontrollate, ma di
condivisione e conoscenza, di dialogo e giustizia.
In vista dell'assemblea del 28 gennaio
in queste pagine proveremo anche a “non rispettare” le solite
regole mediatiche e daremo spazio ai volti, ai pensieri e alle
esperienze di tre sindaci veneti che hanno già deciso di fare
accoglienza diffusa. Chiederemo a loro cosa stanno facendo, come e
con quali conseguenze. Nella speranza che possano essere in molti ad
imitarli, liberandosi dalla schiavitù di quelle parole d'ordine che
tanto tempo fanno perdere e che tanta disumanità producono.
PER INFO E ADESIONI: cerimoniapersandrine@gmail.com