In questi giorni partecipo ad un convegno su "Italia e crisi migratoria nel mediterraneo" ospitato dalla Montclair State University e dalla Columbia University di New York. Da qui leggo delle polemiche italiane sulle ONG che salvano i migranti.
Penso una cosa.
Tra tutte le sue pericolose follie c’è una cosa su cui Grillo, senza volerlo, ha ragione: non dovrebbero essere le ONG a salvare i migranti nel Mediterraneo.
Dobbiamo avere il coraggio di dirlo. Che siano associazioni private di professionisti dell’azione umanitaria a occuparsi del fenomeno migratorio è un’aberrazione.
Ovviamente Grillo lo dice solo perché ha bisogno di guadagnare voti a destra, rafforzando sempre più le proprie posizioni anti-immigrati.
Ma la questione, a parte le pericolose demagogie dei 5stelle, merita di essere affrontata seriamente.
Se le ONG internazionali (mi riferisco ai grandi gruppi multinazionali di azione umanitaria) si occupano del salvataggio dei migranti è perché ormai nel mondo troppo spesso le ONG sostituiscono ciò che gli Stati non vogliono o non possono più fare.
Troppi settori di intervento sociale, ambientale, sanitario sono affidati nel mondo di oggi alle grandi multinazionali umanitarie. Darne a loro la colpa sarebbe fuorviante e pericoloso (come nel caso di Grillo appunto). Sono gli Stati che continuano a ridurre questi settori di intervento, tagliando il welfare e tutte le politiche redistributive e di solidarietà sociale. Lo hanno fatto per vari motivi, tra i quali l’influenza crescente nei governi del pensiero neo-liberista, la forte presenza nelle istituzioni di rappresentanti delle elites economiche globali e lo scarso appeal comunicativo che azioni sociali di questo tipo oggi hanno, soprattutto se rivolte a gruppi etnici non “autoctoni” (che spesso però costituiscono una fetta importante dei ceti sociali più poveri). Così i soldi per agire solidarietà sociale sono sempre meno, le tensioni e i disagi aumentano e i cittadini contrari a questa tendenza, non trovando rappresentanza politica, si affidano (con le loro donazioni) alle ONG perché se ne occupino privatamente. Le ONG crescono grazie alle donazioni, ma fanno quello che possono: sono gruppi di professionisti dell’azione umanitaria, non certo rappresentanti della società, agiscono come aziende, con precise regole tecniche. Lo fanno al meglio, ma non possono cambiare i processi. Anzi spesso succede che la loro azione genera tensione in una direzione contraria alle loro intenzioni: vorrebbero creare giustizia sociale, ma generano competizione tra differenti gruppi di potenziali beneficiari che vogliono ricevere l’aiuto prima o più di altri. Chi non riceve l’aiuto spesso finisce per arrabbiarsi con chi lo riceve. Ma, ripeto, non è colpa delle ONG: la loro è un’azione privata e limitata, non può occuparsi di equilibri sociali complessi.
Nel frattempo gli Stati continuano a non fare nulla o sempre meno.
Questa dinamica può essere applicata anche alla questione migranti, anzi è ancora più chiara.
Gli Stati spendono tutto o quasi tutto nella gestione securitaria o emergenziale. Lo fanno spinti da precisi interessi economici e dal maggiore appeal mediatico che tali azioni hanno. Non fanno quasi nulla per creare solidarietà internazionale reale, che in questo caso significherebbe costruzione di canali regolari di migrazione e generazione di nuove politiche di riduzione degli squilibri economici e delle crisi umanitarie. Così i migranti continuano a partire come possono, continuano a rischiare la vita finanziando disumani organizzatori di viaggi e di fronte all’infinita sequela di stragi i donatori più sensibili chiedono alle ONG di fare qualcosa. Cosa possono fare le ONG, per quanto grandi e globali? Mandare navi che salvano corpi, cercando di ridurre il numero di morti. Ma i morti continuano a crescere, perché le ONG non possono cambiare la direzione dei fatti. La direzione la cambiano solo movimenti sociali capaci di influire sulle decisioni politiche. Finché questi movimenti non hanno forza e finché nessuna parte politica ha il coraggio di cambiare rotta, i morti continuano ad esserci. Ma non solo, più crescono i morti e più li si affidano all’intervento delle navi private delle ONG e più si crea distanza tra il fenomeno a la società di “accoglienza”, che facilmente è pronta a stigmatizzare l’intervento delle ONG come “esclusivo”: “non sappiamo chi siete, venite da chissà dove e date milioni di euro agli immigrati.”
E’ in questa distanza che si infila l’animale politico Beppe Grillo.
Per rispondere alla sua spudoratezza credo dobbiamo avere il coraggio di dire che le ONG non dovrebbero occuparsi di salvare i migranti in mare.
Andrebbe fatto moto altro (come per altro alcuni dei dirigenti più attenti delle ONG stesse con coraggio e chiarezza provano a dire): allargamento della concessione di visti di entrata, apertura di consolati e punti di informazione per migranti, traghetti di linea, canali umanitari protetti, accordi bilaterali per agevolare scambi economici tra famiglie e migranti e mille altre cose che gli Stati dovrebbero fare invece di continuare da decenni ( spesso invano) a far di tutto per “fermarli dall’altra parte”. Ma queste mille altre cose non si fanno perché non si può e non si vuole. Perché bisogna gestire differenze che fanno bene al potere, facendo crescere sempre più direzioni di fermezza e sicurezza (anche nei governi "democratici" come sappiamo) e sperando che non ci sia qualcun altro più spudorato capace di alimentare ancor di più queste differenze. La speranza vale poco, questi qualcun altro stanno crescendo sempre di più, i movimenti politici che chiedono drastica chiusura sono sempre più forti. E finché non ci sarà nessuno capace di costruire una direzione meno miope e più solidale lo saranno sempre di più. Alle aberrazioni disumane si risponde con il coraggio di rivendicare dignità e giustizia per tutti. Non con il tentativo demagogico di sembrare altrettanto duri, come sembra piacere sempre di più al neo-trumpiano Beppe Grillo.
Sarebbe bello che le navi delle ONG non dovessero più salvare nessuno un giorno. Significherebbe che abbiamo trovato il coraggio di dare a tutti il diritto di non rischiare la vita. Costa troppo? Chiediamoci dove sono i soldi prima di dire che qualcosa costa troppo.
Un saluto da New York, dove la realtà dei mille volti e delle mille culture fa a pugni con la demagogia dei miliardari xenofobi appena arrivati al potere.
Andrea
P.S. da queste parti c'è anche un altro pensiero e mi dicono che sta continuando ad agire per far crescere la propria azione e presenza sociale (mentre Hillary sembra scomparsa). Ha prodotto anche un interessante pensiero sulle politiche migratorie, leggetelo se avete tempo, è un po' troppo sintetico, ma pieno di necessario coraggio: BERNI SANDERS - A FAIR AND HUMAN IMMIGRATION POLICY