Il Forum del 3 dicembre a Roma ha visto la partecipazione di centinaia di persone da tutta Italia. In molti abbiamo avuto la sensazione che possa essere l'inizio di qualcosa di davvero nuovo e importante, per avanzare proposte di cambiamento verso un sistema più giusto, equilibrato e sostenibile delle politiche migratorie.
Qui i link dove trovate le registrazioni video della giornata e il Manifesto letto alla fine del Forum.
Potete partecipare al Forum iscrivendovi alla Mailing List e anche proponendo iniziative o organizzando incontri nelle vostre città.
Qui sotto il testo con cui avevo introdotto l'idea del Forum.
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In questi ultimi mesi molti nodi politici legati al tema immigrazione sono venuti al pettine. Il Governo italiano ha accelerato, su pressione europea, la chiusura della rotta dalla Libia, le forze di centro sinistra che lo sostengono hanno accettato un pesante silenzio sulle conseguenze di questa accelerazione, nella convinzione che sia necessaria per porre un argine all’ avanzata della demagogia xenofoba e alla crescita del consenso a favore dei partiti di destra. Le centinaia di realtà che operano nell’accoglienza e nella tutela dei diritti umani si sono viste schiacciate in un angolo, isolate prima da una forte campagna mediatica di screditamento sociale e poi dal riscoprirsi in qualche modo rannicchiate in esperienze troppo tecniche e marginali. Migliaia di cittadini si sentono spiazzati da questa fase: basta poco per capire quanto violente e inaccettabili sono le conseguenze delle politiche securitarie, sin troppo chiare sono le condizioni disumane dei lager libici a cui stiamo affidando migliaia di uomini, donne e bambini e sin troppo chiaro è come questo sia il prezzo che una parte troppo ampia della nostra società sembra pronta a pagare per evitare crescita di populismi e pericolose derive. Ma come reagire? Nelle ultime settimane il silenzio su tutto ciò è assordante, nessun giornalista italiano ha la possibilità di verificare le reali conseguenze delle operazioni in corso nel Mediterraneo e sembra sempre più solida la convinzione che la cosa migliore sia evitare di parlarne.
Eppure girando l’Italia in questi giorni, ho incontrato un
paese completamente diverso, un paese pieno di persone che non vogliono accettare questo
status quo come inevitabile, che quotidianamente costruiscono pratiche di
interazione e solidarietà, che sanno
bene come il movimento dei popoli continuerà ad essere al centro delle nostre
vite e del nostro futuro.
Bisogna uscire da questa sorta di ricatto, rompere il
silenzio come è stato fatto nella manifestazione dello scorso 21 ottobre, ma
avendo anche il coraggio di riconoscere i propri limiti e mettersi insieme per elaborare
delle nuove proposte, per uscire dall’incubo della minaccia “o così o peggio”.
Se siamo arrivati a questo punto, al punto di accettare violenze
e violazioni sempre più esplicite, qualcosa dobbiamo aver sbagliato. C’è un
qualcosa di molto pericoloso nell’ordine delle cose che domina le politiche
migratorie europee. E c’è qualcosa di troppo debole nel modo con cui associazioni,
attivisti, movimenti hanno fin qui provato a reagire.
Dobbiamo insieme capire cosa sta e ci sta succedendo, e
provare a cambiare.
Per questo credo che l’appuntamento del Forum Nazionale Per
cambiare l’ordine delle cose lanciato da Amnesty Italia, MSF Italia, Banca
Etica, Naga, Medu, ZaLab e JoleFilm sia l’occasione giusta al momento giusto.
Mi auguro che in molti vi partecipino e che possa segnare l’inizio di una nuova
fase nella lotta contro le ingiustizie che le politiche migratorie europee
hanno fin qui prodotto. Dobbiamo avere il coraggio di ribaltare le prospettive
di analisi e suggerire nuove direzioni di pratica sociale e di proposta
politica: se il problema è l’immigrazione illegale, dobbiamo capire come
renderla legale e sottrarla dal controllo delle organizzazioni criminali e
dalle violenze delle operazioni repressive, se il problema è la crescita della
discriminazione e dell’odio dobbiamo capire come costruire non “assistenza ai
profughi”, ma nuovo tessuto sociale inclusivo tra migranti e residenti. E fare
questo non è affatto semplice. Ma bisogna provaci ora, subito e insieme.
Una sintesi di tutto ciò l’ho trovata in un bell’articolo di
Marco Carsetti uscito nel numero di Novembre della rivista “Gli Asini”: “Individuiamo
degli obiettivi comuni e perseguiamoli non solo con campagne di crowdfunding ma
con azioni politiche, smettiamola di essere percepiti come lobby dei
diseredati. Non chiediamo ai nuovi imprenditori del sociale il pedigree di
tecnico dell’accoglienza, ma battaglie sociali e culturali da fare insieme a
quelle persone che individuano nei migranti i loro nemici. […] Due sono le cose
su cui concentrarsi: la corruzione morale prima, ed economica poi, dell’accoglienza
in Italia e le carceri libiche.[..]Scegliamo degli obiettivi e pratichiamoli
dal basso verso l’alto senza piedistalli e non come trampolini mediatici per il
nostro successo personale e borghese, senza eroi e senza vittime. Ritroviamo, o
troviamo se non l’abbiamo mai avuti, un pudore e una radicalità nell’azione
come nella vita”
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