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Le paure di Salvini

Gli incubi del forse futuro Ministro degli Interni

Tra poche ore Matteo Salvini sarà Ministro degli Interni. 
Forse.
Non era esattamente il suo sogno, perché sa bene che lì ultimamente ci si brucia.
Era meglio fare il premier ed esporre qualcun altro.
Ultimamente lì ci si brucia perché proprio lì bisogna avere a che fare esattamente con il tema che ha trasformato Salvini in un leader e che lui ha saputo ben sfruttare, l’immigrazione.
Non essendo stupido sa bene che una cosa è sfruttarlo e altra è provare a gestirlo.
Così penso ancora che se potrà cercherà di evitarlo. 
Ma forse non ci riesce.
La paura di Salvini è molto semplice da spiegare.





Se io, uomo politico, uso l’arma immigrazione per generare consenso, poi devo fare cose forti per garantire la mia coerenza e purtroppo queste cose forti non si possono fare se non, da una parte, mancando di rispetto alle basi della democrazia e, dall’altra, creando presupposti per nuove crisi. Tu fai cose forti e poi iniziano i grattacapi, le procedure, le critiche, le varie convenzioni da rispettare. E così devi moderarti o rischi di impantanarti e non riesci a fare tutto ciò che volevi. E se anche ci riesci arriva sempre una cavolo di emergenza (storicamente causata spesso dalle conseguenze delle cose forti, per altro)  che non sai come venirne fuori. 
E allora rimane una sola altra strada: produrre distrazione.
Non ne parli.
Lasci che ci sia silenzio.
Fai qualche sanatoria più o meno ben nascosta per risolvere problemi ai prefetti.
E provi a racontare altro.
Ma a quel punto ti si sgretola il consenso.
Perché se non puoi agitare il fantasma e la paura come fai a tenerlo il consenso?
Insomma è un guaio fare il Ministro egli Interni per uno che vuole fare il leader. Ditemi uno che ce l’ha fatta negli ultimi dieci anni? Maroni? Fini? Alfano? Minniti? Tutti cattivi e tutti sconfitti.
Insomma non sarà una passeggiata e lui lo sa. 
Allora iniziamo subito a rendergliela difficile, come è giusto che sia in democrazia.
Il suo cavallo di battaglia è: fermare i clandestini e fare le espulsioni perché non ci sono soldi per gli italiani, figurati per gli africani.
Domanda: con quali soldi farà blocchi ed espulsioni? Costano carissimi e soprattutto hanno dimostrato da anni che non sempre funzionano, ma sempre producono la necessità di continuare a spendere. E spendere sempre di più. 
Infatti ricordiamoci che quanto vuole fare Salvini non è diverso da quanto fanno o cercano di fare i vari ministri europei da almeno 15 anni. Funziona ogni tanto, risolve sacche di problemi, sposta pressioni, ma l’unico risultato certo che porta è aumento di costi e aumento di clandestinità. 
L’hanno fatto anche Maroni, Bossi e Fini e hanno prodotto esattamente quello. Facendo poi la fine che hanno fatto.
Secondo cavallo di battaglia: fermare il business dell’accoglienza. Molto bene. L’accoglienza è un buiniesss quando è gestita in modo concentrato, emergenziale e priva di controllo democratico. A farla così sono soprattutto i territori che non vogliono accoglienza, cioè quelli che subiscono il fascino del messaggio di Salvini o simili. Perché l’accoglienza non sia un business ma una misura sana e virtuosa ha bisogno di qualcuno che ci tiene a farla e conosce la fatica quotidiana di farla bene. Sono in tanti in Italia a saperla fare così, ma sono praticamente tutti cittadini (italiani e non) che a Salvini non piacciono, perché vogliono accogliere e non respingere. Così rischia di finire come con Maroni: misure di accoglienza straordinarie (Emergenza Nord Africa si chiamava)  che generano enormi business. Eh ok, ma basta che non succeda nessuna emergenza e non si crea questa situazione. Ma sono anni che le emergenze si creano! Che la cosa abbia a che fare con la pressione migratoria aiutata dalle chiusure securitarie e dlalle politiche economiche europee?
Terzo cavallo di battaglia (ben condiviso per altro da tanta parte dell’arco politico, a dimostrazione del fatto che il forse futuro Ministro degli Interni in fondo non è così originale): accogliamo solo rifugiati buoni e fermiamo i migranti economici aiutandoli a casa loro. Problema: la stragrande maggioranza di stranieri non arriva via mare dalla Libia, ma via aereo e terra e lavora in decine di attività economiche, commerciali del paese. Vogliamo fermare questi? Chi glielo dice agli industriali, ai ristoratori, agli albergatori, agli spedizionieri, ai coltivatori, agli allevatori, ai costruttori? Se blocchiamo le frontiere per tutti, anche chi vorrebbe arrivare per lavorare deve fingersi rifugiato buono e così spenderemo sempre più soldi per fare accoglienza, hotspot e commissioni varie per distinguerli e provare a respingerli. Sull’aiutarli a casa loro non mi soffermo che intanto si sa bene qual è la verità: se volessimo aiutarli davvero dovremmo cambiare tante di quelle cose che i soldi non basterebbero mai davvero. Allora magari cosrtuire dei canali di emigrazione regolare aiuterebbe a creare un po’ di virtuosismo economico delle migrazioni, da millenni utili allo sviluppo dei paesi poveri.
Quarto cavallo di battaglia: dobbiamo tutelare le nostre identità. Le identità cambiano e stanno cambiando. Su questo c’è ben poco da fare, se non imparare a vivere i cambiamenti. Mio cugino non è per nulla uguale a mio bisnonno, anche se entrambi hanno vissuto tuta la loro vita nell’isola in mezzo alla laguna veneta dove sono nati. Mio bisnonno se oggi fosse vivo e uguale al sé stesso di 80 o 100 anni fa assomiglierebbe molto di più a un pescatore somalo che a mio cugino, come modi di vivere, di pensare, di lavorare. Certo sarebbe bianco e non nero. Ma siamo ancora fermi lì? Forse sì. Ed è forse questo che in fondo ci frega.
Insomma sarà dura caro forse futuro Ministro, ma ci sarà sempre l’uomo nero pronto ad aiutarla.
Di una cosa deve essere certo, che in tanti sapranno controllarla e se necessario anche consigliarla, perché in Italia come in Europa ci sono centinaia di persone, la gran parte trentenni, che conoscono molto bene procedure, pratiche, significati delle politiche migratorie, perché ci lavorano tutti i giorni. E non staranno zitti, anzi. Come dimostra questo bel commento del Naga Onus sulle proposte contenute nel contratto Lega-M5s.

Buon lavoro, caro forse futuro Ministro

P.S. a chi potrebbe reagire con la solita frase "Vabbeh, allora facciamo come il PD che ha sommerso l'Italia di clandestini" o cose del genere, rimando a questo articolo scritto nel 2014 in cui provavo a capire i limite dell'operazione Mare Nostrum, che in realtà celava una strategiapurtroppo non così diversa strutturalmente da quella che Salvini dice di voler attuare.
http://andreasegre.blogspot.it/2014/05/gheri-e-il-collasso.html