Quelle candele in Via Giovannoli, a Torpignattara mi fanno tremare.
Di dolore.
Abito a 100 metri da quelle candele.
Passo in quella strada ogni giorno.
Mia figlia va a scuola a pochi metri.
E in quelle vie ho girato le prime scene di IO SONO LI.
Il Laboratorio tessile di Shun Li è lì. In Via Tempesta, a pochi passi da quelle candele.
E' in quelle strade che ho provato a incontrare e conoscere la comunità cinese.
A pochi metri da quelle candele.
Così terribilmente vere.
Segno di una morte inaccettabile.
Di una violenza che taglia le vene di una città.
Della sua vita.
Fragile come la luce piccola di quelle candele.
Candele così simili a quelle di Shun Li. Così lontane da quelle di Shun Li.
Nel mio film la candela è tristezza e speranza. E' funerale e festa. E' silenzio e amore.
Oggi a Torpignattara, nelle strade da cui il film è nato, le candele riescono fin qui ad essere solo dolore. Profondo dolore.
Cerco da qualche parte la forza per sperare che anche loro riescano a diventare speranza e amore.
Ma è davvero difficile.
In mezzo c'è una bambina di 9 mesi.
C'è suo padre. C'è la disperazione infinita di una madre.
Dove trovare quella speranza?
Ora è tempo del silenzio profondo. Del dolore.
Ma martedì 10 gennaio il silenzio dovrà dare spazio alle voci, ai corpi, agli sguardi.
Le candele verranno portate per mano.
Saranno le candele che attraverseranno il quartiere.
Che uniranno al dolore l'indignazione.
Alla tristezza la necessità di reagire.
Perchè ora esiste un grande nemico da combattere: la distanza.
Non lasciamo che la paura di questo dolore costruisca distanza.
Non permettiamo a questo terribile silenzio di governare le nostre vite.
Non concediamo alla nostra disperazione di diventare unico spazio di espressione.
Io vivo, noi viviamo in queste strade.
Giorno per giorno.
I nostri figli crescono in questa Italia del futuro.
Conosciamo le tracce profonde delle nostre fatiche.
La puzza delle auto, le piazze scomparse, le ombre lunghe di palazzi soffocati.
Il lavoro che scompare, i negozi che aprono e chiudono, le scuole che invecchiano, gli autobus stracolmi che cigolano nel traffico.
Decine di culture, immigrazioni di mille Italie, donne e uomini d'oriente e Meditterraneo.
Memorie e famiglie di criminalità autoctone innervosite da nuove concorrenze.
Reti globali di buisness lontani e di poteri illegali.
Pratiche di resistenza urbana, figlie di una borgata cresciuta e diventata nuova periferia tra Smart, MoneyTranfer e Slot Machine.
E' una terra viva e dura, è il cuore dell'Italia che o si fa nuova o perde.
Sono le uniche strade dove l'immigrata calabrese degli anni '50 può capirsi con la donna bengalese appena arrivata.
Ma sono le stesse strade dove entrambe possono non capire e prendere paura.
Assessori e senatori xenofobi hanno cercato di immergerci nella paura e nella diffidenza.
Governanti democratici hanno purtroppo perso tempo e occasioni.
Artisti e intellettuali precari la attraversano affascinati, critici e immobili. Confusi.
In troppi lasciamo che la realtà scivoli potente e impotente.
Torpignattara è la sfida vibrante del presente.
E' la grande occasione per questo Paese di ricomporre ferite e dignità.
Non so se ne saremo capaci. Ma è qui che ora bisogna provarci.
Non bastano più polizie e telecamere.
Servono le piazze, i parchi, i marciapiedi, i cinema, i teatri, le scuole, i mercati, i servizi.
Servono le condizioni perchè l'incontro diventi più utile e interessante dello scontro.
Ora. Non domani.
Intanto oggi fanno male, solo male quelle candele.
E a loro diamo il tempo del dolore.
Ma cerchiamo in questo grande dolore di trovare il respiro di una sfida comune.
Con quel giusto silenzio che accompagna le lacrime, ma non le lascia sole.
Andrea Segre