Triste la politica in Italia. Amara. Piccola. Soffocata.
Reagisce solo quando non può più non farlo.
Un grande grazie a Francesco Sperandeo (regista di un bel corto che vinse al BiFest nel 2009) per quelle foto.
Ma un amaro silenzio di vergogna di fronte alle reazioni della politica italiana, tutta.
"Ci auguriamo che quelle immagini possano essere smentite e che il governo possa chiarire." (Lupi - PdL)
" Sconcertata dal metodo usato per questo rimpatrio" (Turco, Pd)
"Bisogna punire i responsabili di questi comportamenti inammissibili" (Perina, Fli)
"Neanche a Guantanamo abbiamo assistito a soprusi del genere" (Pedica, IdV)
Così twittano i parlamentari italiani, nell'era delle foto su facebook e della politica di consumo mediatico soffocato dalle velocità di Ipad e connessioni onnidisponibili.
Stressati, poveri.
Sballottati da una notizia all'atra.
Con uffici stampa alla ricerca di spazi di citazione, di angoli di visibilità per nomi, cognomi e sigle.
Così succede che i commenti di un evento mediatico diventino dimostrazione di una profonda e sistematica distrazione. Mi auguro non volontaria.
Faccio una sola semplice domanda ai signori parlamentari indignati dallo scotch sui volti dei migranti: come diavolo pensate che vengano effettuate le espulsioni di persone che non vogliono per niente al mondo tornare a casa (supposto che una casa la abbiano)? Per favore potreste salire le scale di questo aereo, desidera qualcosa da bere, un caffè, pasticcino salato o dolce, un krumiro con gocce di cioccolato e si ricordi di allacciare le cinture di sicurezza?
Facciamo un gioco tutti insieme, cari parlamentari: voi siete partiti da Algeri, o Tunisi, o Ouagadougou o Kabul perchè la vostra famiglia non aveva più di che vivere, o perché qualcuno vi minacciava, o perché la vostra comunità ha deciso di scommettere sul vostro futuro investendo ben più di quanto potesse permettersi. Vi fermano e vi dicono che avete sbagliato. Dovevate partire in modo legale, dicono. Ma non c'è modo legale rispondete. E allora dovevate stare a casa. Non potevo, non potevamo più. Ci dispiace, dovete tornare a casa. Non posso. Allora vi accompagniamo noi. Ah si? E come? Con un arreo. Io non voglio. Allora dovete lo stesso. E come?... Non con i krumiri al cioccolato. Ve lo assicuro. Con manette, lacci, bracciali di sicurezza, calmanti chimici, sonniferi, minacce e personale decisamente privo di...chiamiamole "attenzioni democratiche".
Forse avrete poi sentito parlare in qualche vostro passaggio su twitter della parola "respingimento". E' quell'operazione per cui l'Italia si è beccata una condanna all'unanimità dalla Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti Umani. Una brutta figura, vero? Forse vi siete indignati anche allora. Beh...come pensate si siano fatti i respingimenti? Per favore salite sulla barca dei poliziotti libici, che a Lampedusa non si va più? No: manette, manganelli, bastoni elettrici, percosse, sangue, ferite. Così si fa. Non c'è alternativa. E così si fa con tutti: donne, uomini, bambini, donne incinte. Senza alcuna discriminazione di razza e provenienza: eritrei, somali, nigeriani, maliani...La violenza è uguale per tutti. E viene fatta dai nostri soldati, dai nostri poliziotti. Quelli che rappresentano il nostro Paese, di cui voi siete parlamentari, se non governanti.
Sono anni che lavoro con i migranti, anni che ascolto le loro storie. Sono storie di violenza, non da parte di pericolose organizzazioni criminali che voi dite di voler combattere, ma delle polizie: italiana, francese, svizzera, libica, marocchina, greca. E nessuno di loro dà colpa ai poliziotti, ma ai governi.
La questione è molto semplice: per fermare la cosiddetta immigrazione clandestina bisogna usare la forza, perché gli esseri umani che vengono fermati, espulsi, respinti sono in viaggio per necessità e non vogliono, spesso non possono tornare indietro. E quando si deve far fare a qualcuno quello che non vuole e non può si usa la violenza. Il piccolo problema è che questa persone non sono criminali, ma esseri umani in cerca di sopravvivenza. Brutto usare la violenza con gli ultimi, vero? C'è da indignarsi, davvero.
O cambiamo direzione completamente e proponiamo una direzione ben diversa oppure per favore non scandalizziamoci dello scotch. E' ipocrita e triste.
..."Eh, la fai facile tu" mi direte. Quale direzione alternativa vedi tu? Li facciamo venire tutti qui? Te li tieni tu a casa tua?
Inizio una risposta, poi se volete ne discutiamo con calma. Se ne troverete un po'.
1. Non ci sono milioni di persone che vogliono venire qui. Chi parte viene selezionato dalle comunità di provenienza. Tranne in casi di gravi crisi belliche o alimentari.
2. Se noi aumentiamo e miglioriamo la gestione dei canali di immigrazione regolare, quella irregolare diminuisce tantissimo.
3. In generale se le comunità di provenienza sanno che ci sono 100 posti, si organizzano per farne partire 100 e scoraggiano le partenze degli altri. Se invece ci sono 2 posti e vengono dati sempre agli stessi, altri 200 cercheranno di partire in altro modo.
4. Se la smettessimo di puntare tutto solo sulle politiche di chiusura ed espulsione, costruendo decine di C.I.E., finanziando le polizie di Stati dittatroiali e pagando centinaia di voli di espulsione, allora avremmo milioni di euro da investire sulla costruzione di canali di immigrazione regolare. Salvando per altro migliaia di vite umane. Che per me è ancora un bel risultato.
5. Chi arriva, se arriva regolarmente, ha soldi da investire sul suo arrivo, invece che sui trafficanti a cui ora si deve rivolgere.
6. Se l'immigrazione regolare viene favorita, aumenta il suo effetto positivo sulle economie dei paesi di provenienza (oltre che essere necessaria a quella dei paesi di arrivo, dove i lavori di fatica sono ormai affidati quasi solo a stranieri).
Ma queste sono riflessioni che fanno fatica ad essere twittate. Capisco.
Un ultimo consiglio, davvero non pubblicitario, ma politico: guardatevi Vol Special di Fernand Melgar e se ne avete tempo anche il nostro Mare Chiuso