In tempi di crisi la cosa più importante e più difficile da difendere è la dignità.
La paura, la mancanza, il disorientamento conducono facilmente al panico e il panico scatena derive di ingiustizie e violazioni.
E ciò può far molto male, ad ognuno di noi e a tutti noi.
Per questo credo sia ora il momento giusto per portare all'attenzione dell'opinione pubblica una delle storie più nascoste e imbarazzanti della moderna civiltà europea: la detenzione coatta di esseri umani colpevoli di aver sognato, sperato, sofferto e viaggiato.
In queste settimane di campagna elettorale dominata da rincorse tra sensi di colpa e promesse, e soffocata dalla noiosa ripetitività dell'inaffidabile, sento il bisogno di cercare un significato più profondo e sensato dell'agire politico e dello spazio pubblico. Ho voglia di dire con chiarezza ciò che non posso accettare e ciò che vorrei saper sognare e costruire. E così parto da qualcosa che potrebbe sembrare più marginale, ma che è invece centrale e inalienabile: io non posso accettare che esistano destini di detenzione, di privazione della libertà e della dignità umana per persone che non hanno in alcun modo messo in pericolo la serenità della convivenza civile.
Per persone che non hanno fatto nulla di male agli altri.
Per persone che hanno avuto semplicemente il coraggio di prendersi ciò che il destino gli aveva negato, il diritto di viaggiare.
Per persone che non hanno accettato il divieto di sperare e sognare in una vita migliore.
Io non lo accetto.
Non lo accetto umanamente e così non lo accetto nemmeno politicamente.
E non la penso così per "idealità", ma per "conoscenza".
Perché io ho avuto la fortuna di incontrare, ascoltare e provare a capire.
Perché nel momento stesso in cui quelle persone possono parlarti, smetti immediatamente di pensare che sia anche solo lontanamente giusto detenerle.
Ed infatti per chi gestisce e garantisce la loro detenzione, è fondamentale che loro non possano parlare, non possano esistere.
Quelle persone devono smettere di essere persone.
Devono tacere e diventare numero, categoria.
Quelle persone non devono essere.
La loro definizione è negativa.
Quelle persone sono illegali.
Illegali??
In questi giorni di annoiata e ripetitiva campagna elettorale, voglio ascoltare e scoprire quelle persone, perchè la fine della loro libertà, la scomparsa della loro identità coincide con la fine della mia, della nostra dignità.
E incontrandoli chiedo a chi tra i candidati avesse ancora il coraggio e il desiderio di sentirsi vivo, di dire chiaramente: Illegali non sono le persone detenute nei centri di espulsione, illegali sono i centri stessi.