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LA MAL’OMBRA


Il vero cuore del problema è come siamo arrivati dalla stalla delle bestie dove d’inverno Bacicia si scaldava perché non c’era nemmeno la legna per accendere la stufa, alla rassegnazione con cui timida sua figlia oggi ci dice “Mio padre ha sicuramente ragione…al mille per cento ha ragione…queste fabbriche ci tolgono l’aria, ammazzano il nostro futuro…ma che serve lamentarsi…è così che vanno le cose!”

Sta solo nella memoria antica del popolo contadino il bisogno di riconquistare la qualità della vita?

Perché questa basilare battaglia non può diventare, non può essere di tutti?



Il Presidio di San Pietro, al di là della fondatezza o meno delle loro pesanti denunce contro la Zincheria Valbrenta, costituisce purtroppo una sorta di miracolo sociale e politico nel Veneto di oggi: un gruppo totalmente spontaneo di semplici cittadini della provincia più industrializzata e più ricca d’Italia che per oltre 4 anni chiede a gran voce e con una costanza imprevedibile di fermare lo sviluppo industriale, di salvare quel poco che resta di un territorio geografico, culturale e sociale ridotto ormai alla rarefazione.


Eppure il Presidio di San Pietro, il miracolo di San Pietro costituisce anche l’ennesima prova di un dramma sociale che il Veneto e l’Italia tutta stanno vivendo, ovvero la rassegnazione delle nuove generazioni di fronte alla presunta inevitabilità delle ingiustizie. Anche lì dove si riesce a rompere il muro del silenzio costruendo informazione e conoscenza, il passaggio dalla consapevolezza all’azione o anche solo alla parola è rifiutato, temuto, se non deriso. Perché inutile. Assai più frequentato diventa così il passaggio dalla conoscenza dell’ingiustizia alla sua pratica o alla sua, anche indiretta o silente, frequentazione.

Purtroppo l’assenza pressoché totale al Presidio dei giovani di San Pietro non fa altro che confermare questa pesante tendenza italiana, relegando il Presidio ad una posizione di quasi “mitica! saggezza antica, facilmente isolabile dalle giovani leve del piccolo ma ricco potere della provincia industrializzata e dei suoi veloci, insaziabili costruttori.


La Mal’ombra è per me un inno alla dignità di chi, pur ricordando la puzza delle bestie, ha il coraggio di chiedere meno ricchezza e più rispetto; ma nello stesso tempo è un disilluso sguardo sull’avanzare impetuoso di un presente meccanico, plastico, pneumatico, perfettamente funzionante e vuoto.

So bene che Bacicia e Clelia non hanno e non avranno mai sufficiente potere per fermare la corsa dei tir che rombano tra le loro galline e so bene che sono considerati “passato” dalla stragrande maggioranza dei nuovi cittadini della ricca provincia veneta, ma mi trema dentro una voglia quasi maledetta…quella di chiedere a questi nuovi cittadini: “Siete davvero, profondamente sicuri di essere felici?”


Ma forse sulla felicità servirebbe un film nuovo…