Di ritorno da una delle molte turnè di proiezioni e incontri nel cuore e nella pancia di questo Paese.
Da ormai tre anni attraverso (insieme agli altri autori e ai protagonisti dei miei racconti) il Paese partecipando a proiezioni di A SUD DI LAMPEDUSA, LA MAL'OMBRA, COME UN UOMO SULLA TERRA e ora anche MAGARI LE COSE CAMBIANO.
Ho iniziato soprattutto nelle grandi città: Roma, MIlano, Torino, Bari, Palermo, Bologna. Poi piano piano ho sentito la necessità di accompagnare i film soprattutto nelle piccole città, nel cuore delle province, cercando soprattutto occasioni di confronto con i più giovani, studenti di scuole medie, superiori e università. Ostuni, Rovigo, Pontremoli, Meano, Lodi, Chioggia sono solo alcuni dei piccoli comuni dove sono stato per incontrare centiniaia, migliaia di cittadini che hanno partecipato alle proiezioni dei film.
Non ho alcun dubbio sul motivo di questi strani, spesso faticosi e lunghi viaggi: se i contenuti dei film hanno qualche possibilità di raggiungere profondamente i cittadini di questo stanco e distratto paese, lo devono principalmente a gruppi, associazioni, comitati, insegnanti, genitori, studenti, professori che spendono tempo ed energie per organizzare occasioni di confronto e dialogo, di informazione e formazione. Sono loro che io sento fortemente il bisogno di sostenere e ringraziare. Ed è per questo che quando posso li raggiungo, condivido con loro, anche solo per poche ore, la fatica, la speranza, l'urgenza civile di creare spazi di crescita culturale e sociale.
L'Italia vive un periodo di grande frustrazione: serpeggia evidente la sensazione di vivere in un Paese dominato da piccolezze, furbizie, provincialismi e scorrettezze. Questo non solo sta fermando la crescita civile ed economico, ma sta anche portando molte persone a non sentire il senso e la passione per la dimensione collettiva, comune, pubblica del vivere. Una tendenza che fa male alla vita di ognuno di noi, perchè non solo porta a costruire una società meno attenta e partecipata (e quindi più in balia delle furbizie di pochi poteri molto ben organizzati), ma anche ne riduce gli orizzonti di cambiamento, di miglioramento. Se non si sente l'emozione di condividere un destino comune, si evita di spendere energie per migliorarlo. Ci si chiude in soluzioni private o in fughe silenziose.
Questa tendenza è quella che combattono le realtà che da oltre due anni mi invitano ad attraversare l'Italia per partecipare a incontri, festival, lezioni, seminari, laboratori. Il comune divisore di tutti loro è la necessità di reagire alla rassegnazione e all'impotenza, la voglia di costruire spazi di vitalità civile, la caparbietà per restituire complessità e criticità all'informazione e alla cultura pubblica. E per intraprendere questa sfida il tema dell'immigrazione e della relazione con altre culture in movimento verso l'Italia e l'Europa, è un tema chiave e assai urgente. La cosa che mi piace di più delle ore che passo a parlare con le persone in giro per l'Italia è quando insieme ci rendiamo conto che non stiamo parlando di "problemi degli immigrati", ma stiamo parlando del nostro vivere comune, del mondo e della società che vogliamo costruire per noi e per i nostri figli. E rendermi conto che in questo pessimo momento storico in Italia esistono centinaia, migliaia di persone che hanno bisogno di sentire e vivere la condivisione di questi momenti di reazionie e costruzione, per me è un grande piacere. Umano, oltre che civile.
Per questo attraverso l'Italia: dalla palestra della Val di Cembra al cinema parrocchiale della Lunigiana, dalle scuole medie della Valle dei Trulli alle nebbie del Polesine, dal bar della Caritas nella Laguna Veneta ai licei di Trento, Palermo e Rovigo. Per incontrare migliaia di italiani che non accettano i silenzi dell'ignoranza, le paure della diffidenza e le arroganze della censura, ma che vogliono una società viva, attenta e solidale.
A tutti voi un grande grazie
Andrea