Stringo gli occhi e i pugni e non riesco a trattenere un urlo di rabbia.
Leggo la frase del Ministro Maroni:
"I somali e gli eritrei non possono essere rimpatriati perché scappano dalla guerra e hanno diritto alla protezione internazionale. "
Sapete chi sono i somali, gli eritrei e gli etiopi che stanno arrivando dalla Libia in queste ore?
Sono quelli, esattamente quelli che Maroni dal maggio 2009 aveva fatto respingere in Libia, consegnandoli alle violenze della polizia dell'amico Gheddafi.
Il ministro Maroni, l'essere umano Maroni dovrebbe dire una sola frase se in lui fosse rimasta una briciola di dignità, una briciola.
"L'Italia si è macchiata di una grave crimine respingendo in Libia i profughi. Oggi deve riconoscerlo e aiutare quei profughi ad uscire dalla Libia per essere accolti in Italia."
Invece fa finta di nulla e fa credere che noi siamo da sempre disposti ad accogliere i profughi di guerra.
Come se solo ora stessero arrivando.
E per essere chiaro fino in fondo, aggiungo: il governo italiano sapeva benissimo sin da subito che in LIbia vi erano alcune migliaia (in base a varie testimonianze possiamo stimarne almeno 6-7mila, ma non sono dati verificabili) di profughi del Corno d'Africa e che le loro vite erano ancora più minacciate in mezzo ad una guerra da cui non possono scappare.
Doveva sin da subito quindi attivarsi per aiutarli ad uscire. Ne aveva gli strumenti e difatti in totale silenzio aveva timidamente iniziato a farlo (circa 150 sono stati portati in Italia nelle ultime settimane da due voli militari). Ma non l'ha fatto come doveva e come poteva. Li ha lasciati lì, in mezzo al conflitto.
Oggi iniziano da soli disperatamente a fuggire. Con i soliti barconi, o meglio con barconi ancora meno sicuri (a causa della guerra in Libia), viaggi da incubo, dove la disperazione della fuga è più potente della vicinanza della morte. Donne, bambini e uomini, ancora una volta affidati al destino del mare, invece che aiutati a raggiungere il loro sacro santo diritto di protezione.
Ce ne sono ancora migliaia che devono scappare.
Abbiamo parlato al telefono con una di loro, bloccata insieme a suo figlio di un anno e mezzo in una casa di Tripoli.
E' complesso, ma possibile: l'Italia dica chiaramente che vuole accoglierli subito e che è disposta ad organizzarne i viaggi.
Insieme ad UNHCR e ad altri organismi internazionali è possibile salvare migliaia di esseri umani, che fino a pochi mesi fa avevamo invece deciso di sacrificare sull'altare del consenso xenofobo alle disumane politiche dei respingimenti.
Politiche che andrebbero dimenticate e invece vengono rianimate con ancora più forza per affrontare l'altro flusso di immigrazione, quello dalla Tunisia.
Sempre Maroni:
"chiederò al governo di attuare la proposta di Bossi e di procedere ai rimpatri forzosi. Siamo attrezzati per farlo. Li mettiamo sulle navi e li riportiamo a casa"
La risposta potrebbe essere tutt'altra: costruire un servizio che permetta ai tunisini di partire con regolare traghetto nel caso abbiamo parenti o amici in Europa in grado di ospitarli.
E' quello che vogliono fare la stragrande maggioranza dei tunisini in arrivo. Ed è quello che stanno già facendo, sotto l'ipocrisia delle parole di governo.
Appena possono abbandonano i luoghi di prima accoglienza e se ne vanno verso i loro parenti.
Complesso da gestire? Beh, se siamo attrezzati per azioni difficilissime come i rimpatri forzati, potremmo fare anche questo. E' che non siamo culturalmente attrezzati a questo.
Si ridurrebbe tantissimo il flusso di migrazione irregolare.
Si ridurrebbero i guadagni e il potere di chi organizza i viaggi irregolari.
Si ridurrebbe il costo dell'accoglienza.
Si ridurrebbe il costo civile di condizioni inaccettabili come quella a cui abbiamo ridotto Lampedusa.
Si ridurrebbe il costo della perdita di vite umane in mare.
Si potrebbero fare tante cose diversamente....
Ma sarò sincero: faccio queste proposte e scrivo queste parole perchè voglio credere che ci sia ancora qualcuno disposto a salvare la vita e la dignità dell'uomo, ma mentre le scrivo la mia fiducia scricchiola assai.
Siamo di fronte all'esplosione delle conseguenze più misere delle scelte culturali e politiche degli ultimi quindici anni.
Non siamo più un paese e un popolo disposto ad ospitare.
Siamo un popolo impaurito, arroccato, invecchiato, intorpidito.
Ci hanno portati fin qui con maestria e continuano a voler alimentare tutto ciò senza alcun dubbio.
Se non avessimo ostacolato o addirittura smantellato le strutture, le reti civili e le sensibilità della solidarietà e dell'accoglienza, oggi affronteremmo con dignità e rispetto gli arrivi di queste settimane.
Invece abbiamo investito tutti gli sforzi economici e politici per costruire barriere, alleanze con i dittatori e centri di detenzione.
Così oggi Lampedusa esplode di indecenza e non si hanno i mezzi e la partecipazione per costruire una risposta.
Si costruiscono "strutture mobili di emergenza" o "villaggi della solidarietà" isolati e disumani, con il dubbio che lo si faccia più per far guadagnare qualcuno che per dare risposte.
Esisterebbero ben altre strade in un Paese abituato ad ospitare e non a respingere.
Un esempio? Sapete quante parrocchie ci sono in Italia? 26mila. Se dentro quelle parrocchie la verità cristiana fosse più forte della paura e della chiusura, il problema accoglienza sarebbe già risolto.
E come le parrocchie, sia ben chiaro, mille altri luoghi: i circoli arci, acli, agesci, le sedi dei partiti, dei sindacati, le reti dei comuni per l'asilo, etc etc. Mille luoghi il cui ruolo è stato, loro malgrado, limitato o soffocato dalla vittoria di tutt'altra Italia.
Questo è ciò che siamo diventati e se continueremo ad esserlo anche di fronte all'evidente fallimento delle politiche di chiusura attuate fin qui, ben poco spazio di cambiamento ci sarà dopo.
Continueremo a chiuderci sempre più, sperando di vincere quella che ormai agiamo culturalmente come una guerra di posizione.
I migranti sono l'ingiustizia del mondo che ribolle e arriva a bussare con forza e grandezza umana alle nostre porte.
Se facciamo finta di non capirlo, siamo destinati all'estinzione. Come le specie animali protette.
Esiste ancora una reazione possibile?
Si, far sapere che si è disposti ad accogliere e non a respingere.
Ora, subito.
Ognuno di noi con il proprio parroco (o sindacato o circolo o associazione...) faccia sapere al Ministero degli Interni che siamo pronti e disposti ad accogliere.
Anche solo dieci persone, anche solo cinque, anche una sola.
Si deve ripartire da qui.
Dalla disponibilità a cambiare posizione: io non respingo, io accolgo.
E' un piccolo passo, ma l'alternativa è stare fermi in attesa dell'estinzione.